27 GENNAIO

27 gennaio, ‘Giornata della memoria’. Chi e cosa ricordare?

In questa Giornata, strumentalizzata in lungo e in largo a senso unico, pubblico una mia vecchia riflessione, generica perché scritta anni fa, seguìta da un’altra letta stamane su Fb, più circostanziata in riferimento a tendenze socialmente ed antropologicamente dissolutrici vieppiù imposte dalle distorsioni giuridiche frutto della degenerazione dell’etica conseguente alla caduta dei valori cristiani.

Dal 27 gennaio 2001, in Italia si celebra il giorno della memoria.

Questa celebrazione è stata voluta dal Parlamento Italiano per ricordare gli ebrei sterminati nei lager nazisti. Nella scuola e in molti ambiti della nostra vita civile questa ricorrenza ha valore nella misura in cui fare memoria del male che è sempre in agguato dentro l’uomo ha efficacia educativa per il presente con la speranza di preservazione da analoghi rischi per il futuro. C’è però una dimenticanza, che rischia di vanificare questa giornata. Si può infatti dedicare un giorno della memoria a sei milioni e mezzo di morti tacendo di altri milioni, vittime dei sistemi comunisti, di altre ideologie o di fondamentalismi di varia natura?

Certo del nazismo ci inorridisce e ci spaventa il massacro programmato, l’orrore pianificato, la disumanità divenuta drammaticamente ‘normale’ in quei giorni e in quel contesto, una delle pagine più terribili della storia. E la consapevolezza dell’accaduto e dei pericoli rappresentati da ogni ideologia dovrebbe radicarsi fortemente nelle coscienze e non rimanere confinata al giorno della commemorazione.

Tuttavia io, donna di questo tempo, non posso dimenticare e, senza perdermi nella citazione di cifre purtroppo altrettanto drammaticamente rimarchevoli, vorrei nominare le vittime delle persecuzioni in URSS, in Ucraina, in Turchia (il genocidio degli Armeni), in Cina, in Vietnam, in Cambogia, nell’ Est Europeo, quelle in America Latina, quelle in Africa, quelle in Afghanistan, in Iraq, nei Balcani (con riferimento a tutte le etnie coinvolte), nel Sudan, in Timor Est. E, oggi, i Cristiani e i Curdi in MO e in Asia. Mi spiace per chi non nomino per ignoranza o per disattenzione.

Per non parlare di altre morti, che restano sconosciute perché si perdono nella fretta indifferente di una quotidianità che fagocita le coscienze, frutto di un odio e di una violenza che si manifestano sotto altre etichette o giustificazioni ideologiche o politiche con un sottofondo spesso economico dal travestimento umanitaristico, ma la cui matrice è sempre riconoscibile nello stesso “Male”, che ha nomi diversi: odio, divisione, terrorismo, pretesa di possesso, manipolazione, massificazione, strumentalizzazione, indifferenza, che diventano disumanità.

Non è mia intenzione scatenare in questa occasione una polemica sui totalitarismi; desidero soltanto che il 27 gennaio sia veramente il giorno della Memoria, e quindi che si accomunino nel ricordo tutte le vittime del Novecento: il secolo, che è stato definito della massima violenza dello Stato sull’uomo; ma ad esse vorrei fossero accomunate anche le vittime di ogni generazione che ci ha preceduti nella storia che di genocidi, senza nulla togliere al dramma degli ebrei, ne ha visti davvero tanti.

Tutti dovremmo comunque ricordare che per avere un futuro bisogna guarire dal passato… e la memoria deve essere sana e responsabile consapevolezza e non il “sacrario dell’odio” dal quale tirar fuori ogni possibile ricatto morale nei confronti del resto del mondo chiamato a testimone. Non può restare senza conseguenze asserire che “la shoah” segna “il vertice del cammino dell’odio”, che voleva “uccidere Dio”. Occorre invece respingere la tendenza odierna – che va generalizzandosi sempre di più – di conferire portata teologica e “neo-dogmatica” ad un fatto storico come la shoah (che significa sterminio) quale “nuovo Olocausto”, visto che l’unico Olocausto è quello di Cristo Signore che nulla e nessuno può rimpiazzare. Infatti, per la Fede cattolica, l’odio di satana ha mosso degli uomini (Sinedrio con il popolo ebraico a lui sottomesso con la connivenza de dominatori Romani, senza dimenticare i nostri peccati) ad uccidere Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, nella sua natura umana. Questo è il vero vertice dell’odio contro Dio.

Da ultimo spero che non si faccia ideologia nel giorno della memoria (non è certo questo l’intento della legge; ma sono sempre possibili strumentalizzazioni di ogni genere, che sarebbero ciniche quant’altro mai) ma che si aiutino i giovani e in fondo tutti noi a comprendere che ricordare il male presente nella storia deve servire a prenderne le distanze, a partire da ognuno, per costruire un mondo di pace in cui i valori cristiani, inverati da uomini di autentica buona volontà, siano il fulcro imprescindibile di ogni convivenza non soltanto formalmente civile, che voglia essere anche “umana” nel senso pieno del termine.
Maria Guarini

Come ogni anno, il 27 gennaio, si celebra la Giornata della Memoria, in ricordo della liberazione del lager di Auschwitz e in generale per riflettere sul male arrecato dal nazismo; mi chiedo, però, a che serve una giornata simile, se compiamo le stesse cose fatte dai nazisti, e mi riferisco ai programmi e alle leggi eutanasiche, miranti ad eliminare i “difettosi” e i “costosi”, i malati, gli anziani, i disabili. A che serve ricordare Auschwitz se non si ricorda l’Aktion T4 e soprattutto se se ne ripercorrono i passi, senza peraltro neanche sforzarsi di cambiare copione? (si veda il film “Io accuso”, pellicola di propaganda del Reich a favore dell’eutanasia, a base di emotività e parole come “compassione” e “dignità”, e peraltro tuttora vietato in Germania, è cambiato qualcosa da allora, quanto a parole d’ordine e utilizzo dei media?)

A che serve ricordare Auschwitz quando nell’Europa odierna i bambini malati (Charlie Gard, Alfie Evans, Ines, i più famosi, ma si pensi anche a Paesi come Danimarca e Islanda che uccidono i bambini down nel grembo materno) possono essere uccisi per sentenza o per legge, magari perfino contro la volontà dei genitori? A che serve ricordare quei morti se, oggi, si proclama di fatto l’indegnità di alcune vite e la disponibilità e la manipolabilità della vita umana? (e anche qui il pensiero va, per ciò che riguarda l’Italia, alla recente legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, che rendono la vita un bene disponibile e il medico l’esecutore testamentario della volontà del malato, un malato la cui volontà è però piegata dalla solitudine della società odierna e dalla massiccia propaganda pro-eutanasia)

Infine, e ciò è sommamente disgustoso, si utilizza il ricordo dei morti di Auschwitz per gettarli nell’agone politico odierno, per utilizzarli contro i “populismi” (che nulla hanno a che fare, ideologicamente e storicamente, con il nazismo o i fascismi europei): penso alla campagna pubblicitaria, ma meglio sarebbe parlare di propaganda pura e semplice, della Regione Umbria, avente quest’anno slogan “Dimenticare li fa tornare – Giornata della Memoria contro vecchi e nuovi fascismi”, come penso agli slogan dei vari partiti di maggioranza, italiani ed europei, che utilizzano fantasmi e soprattutto morti di decenni fa per terrorizzare gli elettori.

Chi è che disonora di più i morti di Auschwitz? Chi non si adegua alla giornata odierna (divenuta sempre più ipocrita, sempre più festa dell’unico culto laico autorizzato in Occidente), oppure, invece, chi perpetua le stesse politiche naziste, anche se mascherate con un’aura di maggior presentabilità, o, peggio, chi sfrutta impropriamente la memoria per meri fini politici di bassa lega?
Roberto De Albentiis su Fb.